Nato a Milano nel 1961, Alfredo Rapetti Mogol è cresciuto in un ambiente familiare ricco di stimoli artistici, dove la musica, la letteratura e la poesia sono state parte integrante della sua educazione. Figlio di Giulio Mogol e nipote di Mariano, entrambi parolieri noti, Alfredo ha intrapreso fin da giovane la stessa strada del suo lignaggio artistico, adottando lo pseudonimo di Cheope e collaborando con alcuni dei più celebri nomi della musica italiana.
Consolidata la sua carriera musicale, Alfredo ha avvertito l’impulso di esprimere appieno la propria creatività attraverso la pittura. La sua ricerca artistica si è evoluta in un linguaggio unico, in cui la scrittura si fonde con la pittura grazie a una tecnica innovativa chiamata “impuntura”. Le sue prime opere, caratterizzate da superfici monocromatiche, ospitano scritture che, sebbene sembrino prive di contenuto letterale, evocano il concetto di memoria. Alfredo sostiene che “senza scrittura non saremmo nulla”, esprimendo l'importanza della testimonianza del passato nell’arte.
Nel corso della sua carriera, Rapetti ha ideato una nuova forma di espressione, la “parola scomposta”. Questa tecnica invita lo spettatore a decodificare le parole, frammentate in sillabe e sintagmi, per svelarne il significato nascosto. Attraverso ripetute frasi quali “L’anima resta” e “L’arte non ha fine”, l’artista stimola una riflessione profonda sul peso e il valore delle parole, portando il pubblico a immergersi in una dimensione artistica nuova.
Oltre a far parte del gruppo Signes et Traces, fondato da Riccardo Licata nel 2004, Alfredo Rapetti ha partecipato a numerose esposizioni sia personali che collettive, nonché a importanti manifestazioni internazionali. Ha esposto opere presso prestigiose sedi, quali la Fondazione KMG di Berlino, il Grand Palais di Parigi e la Biennale di Venezia, evidenziando la sua rilevanza nel panorama artistico contemporaneo.